La realtà è reale? – 1ᵃ parte

La Realtà è reale?

Prima parte

Credo sia esperienza comune scappare o correre via da una situazione e scoprire poi di essersi infilati proprio in ciò che più si temeva. In altre parole, non è possibile fuggire dalle cose che più ci spaventano; quello che cerchiamo di evitare o fingiamo di ignorare si ripresenta, preciso e millimetrico, fino che non abbiamo compreso e superato quell’aspetto.
Magari ciò che vediamo e percepiamo lì fuori, nel mondo esterno, è collegato a vecchi schemi interni, a programmi subconsci installati involontariamente dalla famiglia, dalla società, dalle istituzioni e dai mass media (da loro intenzionalmente!). E se il fuori non esistesse e fosse solo il riflesso di ciò che crediamo di noi stessi e del mondo? La realtà esterna uno specchio della nostra interiorità?
Possibile? Pensiamoci un attimo.
Quando mi spiegarono il funzionamento degli organi di senso, rimasi con una domanda sulla punta della lingua; non la feci al professore di anatomia perché tutti sembrarono capire perfettamente quel qualcosa che a me non tornava. Come esempio, prendo l’organo della vista: gli occhi. L’insegnante illustrò tutte le piccole parti che costituiscono questo meraviglioso apparato, quando passò al funzionamento, la spiegazione si fece, per me, più torbida. Sommariamente disse che l’occhio cattura le immagini come una macchina fotografica: le pupille sono due fori regolati dal sistema nervoso autonomo, e le immagini catturate dalle retine, sono trasmesse dai nervi ottici, che si uniscono e incrociano a livello del talamo, per arrivare posteriormente, nella corteccia cerebrale visiva, che interpreta e decodifica le informazioni formando un’immagine. Chiaro?
Il cervello interpreta e decodifica le informazioni, poi forma un’immagine!
Ed io che credevo di vedere con gli occhi! Invece, in realtà alla fine si vede con il cervello. Detto in altro modo: se quella cosa che c’è proprio adesso, lì davanti ai miei occhi, mentre scrivo al computer o faccio qualsiasi altra cosa, non è presente, o meglio decodificabile dal mio cervello, io non la vedo. Quindi possiamo vedere solo ciò che abbiamo già visto, cui abbiamo dato un significato, qualcosa che cataloghiamo per analogia o somiglianza a qualcos’altro già vissuto o conosciuto. Le informazioni, condotte sotto forma di frequenza dal nervo ottico, sono automaticamente adattate, distorte, eliminate in parte o totalmente, oppure ricostruite in qualcosa di possibile e interpretabile per il cervello.
Cioè, noi vediamo solo quello che già sta nel nostro cervello, quindi nelle nostre credenze ed esperienze; non vediamo quello che probabilmente c’è, ma solo ciò che è possibile vedere, udire o sentire per noi in quel momento. I valori, le credenze e i programmi automatici inseriti nel nostro “disco fisso” focalizzano la nostra attenzione, su una cosa piuttosto che un’altra, quindi due persone possono vivere la stessa situazione esterna in modi differenti, a volte opposti. Noi calpestiamo lo stesso suolo, ma viviamo in mondi diversi; mondi creati da quello che crediamo. Adattiamo in maniera perfetta le situazioni alle nostre credenze e aspettative.

Che tu creda di farcela o di non farcela, avrai comunque ragione

Henry Ford
Alla luce di ciò, non è possibile non chiedersi se esiste veramente il mondo esterno o se è solamente un riflesso del nostro ricco (o povero) mondo interiore. Ma se così fosse, allora basterebbe cambiare la visione interiore che abbiamo di noi stessi e del mondo, modificare o aggiornare qualche programma del nostro “computer” (per computer intendo principalmente la mente subconscia, dove stanno i programmi esecutivi e interpretativi automatici, e non la mente conscia) per cambiare anche il mondo lì fuori, quello fisico che consideriamo concreto e reale.
Chi o cosa aggiorna i nostri software interiori? È possibile che noi esseri umani, siamo sia l’hardware sia il programmatore e, perché no, anche i software? Come possiamo programmare noi stessi per quello che desideriamo? È chiaro che la mente conscia da sola non riesce a farlo, perché non è un suo compito (può fare solo quattro cose e vedremo questo paradigma più avanti).
Molti di voi sanno già che uno degli strumenti più potenti di (ri)programmazione di massa è la televisione e i mass media in generale. Soprattutto quando siamo davanti a delle immagini trasmesse, la parte critica della mente conscia abbassa le barriere di protezione, e permette quasi a qualsiasi cosa di essere accettata acriticamente dal subconscio. La pubblicità, le istituzioni, le religioni etc., utilizzano degli stratagemmi visivi di associazione e linguistici, continui e subliminali, portandoci a credere ed essere sicuri di qualcosa creato ad hoc, qualcosa che non abbiamo chiesto e magari non vorremmo dentro di noi.
Naturalmente anche noi stessi possiamo riaggiustare qualche programma interiore, diventato obsoleto o inadeguato. Bisogna utilizzare degli strumenti che ci consentano di superare la barriera critica della mente conscia e andare a “riscrivere” o sovrascrivere i vecchi programmi in parte o totalmente, o anche di istallarne di nuovi.
Facile, no?
Per iniziare questo lavoro di riprogrammazione su noi stessi, si parte – sempre! – dalla consapevolezza, dalla Presenza, dall’esserci veramente nel qui e ora (nulla di nuovo sotto il cielo!), prendendo in considerazione ipotesi, teorie o esperienze che non si erano nemmeno pensate; quest’atteggiamento amplifica la nostra mappa mentale e prepara il giardino interiore ad accogliere nuove specie di piante, con potenziali frutti inimmaginabili.

Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.

Albert Einstein
Il limite che ci accomuna tutti quanti è che, non possiamo sapere quello che non sappiamo! E ciò che non sappiamo o consideriamo possibile, non lo vediamo; per noi semplicemente non esiste per quello che è veramente.
Sì, mi rendo conto di aver fatto bene, in quel momento durante la lezione di anatomia e fisiologia, a non formulare i miei pensieri ma oggi i tempi sono forse più maturi, e il rischio di essere deriso sulla pubblica piazza è minimo, e sinceramente adesso anche di poca importanza per me.
continua…
Luca Zini

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